Un profilo di Sergio Notaro

17 10 2008

Riporto qui il testo di un intervento pubblicato su un Forum (http://www.chitarraclassica.net/) sulla figura di Sergio Notaro, chitarrista e didatta fondamentale per la vita musicale romana. Con la cortese autorizzazione dell’autore, Pierluigi Potalivo, ecco un ricordo del M° Notaro.

Sergio Notaro è stato prima di tutto un chitarrista di vero pregio, il cui stile è stato lodato (diverse volte e per iscritto) da Andrés Segovia, durante i corsi tenuti dal grande maestro a Santiago de Compostela. Oscar Ghiglia e José Tomas, molto amici di Notaro, Stefano Grondona, il suo allievo di punta, potrebbero insieme a Iniacio Fleta e Federico Mompou (questi ultimi non più in vita, e davanti ai quali egli ebbe l’occasione di suonare) ben riferire delle sue doti interpretative, la cui piena resa è stata impedita da una sensibilità emotiva verso il pubblico così accesa da inibirne prematuramente le performance dal vivo, pregiudicandone la carriera.

Proprio il grande amore per la figura di Segovia fu il motivo dell’allontanamento di Notaro dal suo primo maestro Costas Proakis, non certo piantato in asso come riferito da un ritratto precedente, cosa che descriverebbe un calcolato quanto irreale voltafaccia di un allievo verso il suo insegnante: semplicemente, il giovane Notaro scoprì la figura chitarristica più importante della sua vita, Segovia, che lo catturò nella sua aura e doveva determinarne tutte le future scelte stilistiche. Costas Proakis prese malissimo l’entusiasmo del giovane allievo per il maestro spagnolo che – assurdamente – annoverava in ambito didattico non poche voci avverse, come quella che voleva Segovia eminente artista ma cattivo insegnante (sic) e simili modesti giudizi che spesso accompagnano l’operato degli uomini sommi. Nessun tradimento, dunque, ma l’effetto della potente voce di un vero artista su un giovane studente, con le sue conseguenze.

Quanto al temperamento, ebbene quello fu sì parecchio focoso e poco incline ad allinearsi a correnti di tipo ufficiale: ma fu proprio la mancanza di soggezione per l’autorità (quando l’autorità non fosse autorevole, come Segovia) e la capacità di ridere delle nomenclature a costituire il tratto che determinò il peso di Notaro, sempre poco riconosciuto, nelle vicende chitarristiche italiane; temperamento che certo attirava al contempo anche antipatie, quelle di solito dirette agli uomini poco accomodanti e senza peli sulla lingua, in breve che ‘si amano o si odiano’. Si descrivono dunque le intemperanze di un giovane ventenne molto vivace e dallo spirito sardonico, alcuni ‘appostamenti’ un po’ goliardici fatti ai concerti altrui, dimenticando che i ragazzi crescono – e tralasciando curiosamente di citare alcuni contro-appostamenti che a lui venivano ‘restituiti’… come uno fatto all’Aula Magna dell’Università di Roma. Insomma, trattasi di piccole vecchie ruggini che non esauriscono certo la figura di un uomo.

Infatti, negli anni seguenti (intorno al 1975) il quarantenne Notaro fonda a Roma una scuola in grado in breve di contare 300 allievi e di costituire un polo d’attrazione per il mondo chitarristico del tempo. La grande conoscenza dello strumento unita alla onestà intellettuale ne fecero un maestro esigente, spesso severo e a tratti burbero, ma i suoi allievi sanno quanto quelle reazioni fossero in realtà potentemente formative, mai casuali e piuttosto rivelatrici del fine intuito psicologico di chi ha conosciuto la vita. Il suo carattere esuberante trasmetteva idee interpretative originali e argute, da profondo conoscitore della musica tout court e non solo del repertorio della chitarra. Le sue lezioni collettive erano affollate di giovani studenti che dalla chitarra venivano proiettati al violoncello di Casals, al piano di Michelangeli, al violino di Oistrakh, in una atmosfera densa di riferimenti come di buon umore, lo stesso che gli permetteva, da buon romano, di demistificare le sue stesse amate citazioni (Leopardi, Garcia Lorca, Dino Campana). Di certo in sede didattica non applicava sconti e questa è la ragione per cui alcune voci possono essersi levate sulla sua natura controversa, magari voci di studenti che venivano messi alla porta da una bella ‘pedata’ – nulla a che vedere con l’abilità, dato che il maestro non le lesinava nemmeno ai migliori talenti, ma col suo essere anche maestro di vita; gli stessi studenti a cui poi offriva cene, lavoro, consiglio e persino ospitalità.

L’attività concertistica del Centro Romano fu veramente densa e soprattutto di grande avanguardia, in materia di chitarra, per i tempi. In pochi sanno e dicono che Notaro fu il primo ad ingaggiare e far conoscere al pubblico italiano Manuel Barrueco (presentatogli da Frank Koonce, che studiò per un periodo al Centro), Eliot Fisk (segnalatogli da Ghiglia, suo maestro) e il Duo Assad. Concerti e masterclass (per citare i nomi più noti) di Alirio Diaz, Alberto Ponce, Leo Brouwer, V. Mikulka, L, Josè Tomas, David Russel, JosèLuis Rodrigo fino ad Andres Fischer furono tenuti nei migliori teatri di Roma.

Non è un caso dunque che gli over 40 abbiano memoria di quegli eventi. Il pubblico chitarristico romano deve infatti molto a quelle iniziative, le quali testimoniano, più che di una non meglio spiegata intenzione di sostituirsi all’ufficialità (proprio Notaro, dopo quanto detto, ‘istituzionale’?..), intenzione che così attribuita spetterebbe di diritto a chiunque apra una scuola, piuttosto di un’intelligenza posta al servizio della chitarra, capace di trasmettere efficacemente il proprio sapere come di intuire e presentare i volti nuovi delle sei corde.

Difficile dunque che Notaro potesse essere la causa del declino della sua scuola, essendone il faro; fu semmai la sua scomparsa, avvenuta nel 2000 pochi mesi dopo l’ultima stagione concertistica del Centro, a decretarlo.

Chi ha veramente conosciuto e apprezzato questo maestro raro non aspettava la sua morte per rivalutarne l’operato, avendolo ben compreso quando questo era una viva e preziosa realtà.

Pierluigi Potalivo